psicologia dell'arte

Raffaello, psicologia dell’arte

By Maggio 21, 2018 No Comments

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La psicologia dell’arte è la disciplina che si occupa di indagare e mettere in luce i processi psicologici coinvolti nella creazione e nella fruizione di un’opera d’arte.

Guardando queste opere di Raffaello si può convenire con Burri quando dice “nella materia c’è l’incarnazione dello spirito“.

L’arte non si limita a riprodurre la realtà, ma rende visibile l’invisibile!

 

 

 

 

Ma iniziamo a fare conoscenza con il giovane artista:

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Raffaello nasce e muore nello stesso giorno  6 aprile  (Urbino 1483- Roma 1520). Riceve i primi insegnamenti della tecnica artistica dal padre Giovanni Santi. Quando rimane orfano, ad 11 anni lo zio lo manda a lavorare alla bottega del Perugino.

Inizia la sua formazione ad Urbino, a quei tempi un centro rinascimentale dei più vitali e progressisti in campo culturale, e lì viene forgiata l’attitudine di Raffaello di assimilare le novità introdotte dalle varie ricerche artistiche dei contemporanei per operare una sintesi personale e fortemente poetica.

Dopo essere stato alcuni anni a Firenze, Raffaello viene chiamato a Roma da papa Giulio II per affrescare alcune stanze del Vaticano. Pare che avesse un carattere dolce e mite e che abbia vissuto amato e onorato, come un principe!

Lo sfondo culturale di quei tempi era travagliato da cambiamenti epocali: riforma protestante, guerre di potere, guelfi contro ghibellini…

Raffaello più di altri artisti contemporanei pone l’arte come fine a se stessa e la sua opera mira al classicismo eterno. La sua arte è una risposta conservatrice, che vuole rassicurare gli animi e consolidare la fiducia nelle autorità, nella religione cattolica e nella Storia. Capisce le posizioni antitetiche dei suoi contemporanei. In Leonardo, artista scontroso e solitario, riconosce il sentimento della natura, forte al punto che l’uomo si confonde in essa. Mentre in Michelangelo, irruento e collerico, coglie la dimensione morale che porta l’uomo a trascendere la materia per riscattare la propria esistenza spirituale.

Nello Sposalizio della Vergine (1504) Raffaello, all’età di vent’anni, riprende in modo sereno e rassicurante lo schema del dipinto “Consegna delle chiavi” del Perugino. Attraverso la sua ricerca plastica fatta di proporzioni, di lieve movimento, di luce circolare e di costruzione spaziale vuole dare evidenza alla verità della teologia e della Storia: l’arte è rivelazione, il bello e il meglio coincidono!

Il vero protagonista del dipinto è il tempio. Le sue dimensioni e il suo colore dorato donano solennità alla scena. La grande piazza prospettica separa la scena in primo piano. A sinistra ci sono le compagne della sposa Maria e a destra i pretendenti. Hanno atteggiamenti diversi, una compagna si tocca le dita, come se desiderasse un anello e tra i giovani c’è chi spezza il suo ramoscello con le mani o con il ginocchio. Raffaello dipinge personaggi diversi, ma tutti assorti e malinconici. Nessuno di loro si dispera, nessuno si stizzisce, poiché i sentimenti non prevalgono l’uno sull’altro e tutto è misurato, senza eccessi.

Tutte le interpretazioni sulla natura e sulla morale, nella sua opera trovano una conciliazione nella perfezione e quindi si riducono all’unità. Anche nel periodo fiorentino (1504-1508) studia i maestri ma non vuole emularli. Dipinge molteplici ritratti di Madonne che verranno tramandate e reinterpretate per secoli, alla ricerca dell’ interiorità umana dove c’è verità.

L’impostazione delle Madonne richiama lo schema della Gioconda, ma qui il paesaggio è aperto fino all’orizzonte e il volume della figura è definito. La luce si stende sulle superfici tondeggianti della testa, del petto e delle mani alla ricerca di un equilibrio tra il volume plastico e il vuoto capiente, con un  passaggio dal particolare all’universale.

Il bello è evidente, è dichiarato nella forma perfetta della natura e questa solare evidenza è stata immediatamente capita, così da diventare e rimanere per secoli arte popolare. Nelle sue Madonne la bellezza fisica diventa un’ideale virtù, intrinseca alla natura divina della Vergine e Raffaello decretò che “il pittore ha l’obbligo di fare le cose non come le fa la natura, ma come Ella le dovrebbe fare”.

I due putti della Madonna Sistina.

 

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Perchè piace ancora oggi?

Raffaello ha interpretato la bellezza classica, e il suo  modello è stato  tramandato per  secoli, divenendo un ideale universale di bellezza e di armoniosa spiritualità. E’ il pittore della dolcezza, dell’invisibile che si rivela.

“Era facile per la mia mano obbedire all’occhio e tracciare linee precise ed armoniose sul foglio bianco. Era facile, come facile dev’essere  per un angelo volare”.(Cinquetti e Landmann)

Il padre di Raffaello pensava che tutti i giovani dovessero essere educati all’arte della pittura perchè rende l’animo nobile e affina l’intelletto.

Dalida Panseri

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