Qualche spunto da “L’equivoco della famiglia” di Chiara Saraceno ed.Laterza
Sulla figura del padre.
Molte riflessioni sulla crisi della paternità nascono dal modello borghese dei ruoli materno e paterno basato soprattutto sulla divisione netta delle responsabilità maschili e femminili. Questa distinzione ha perso credibilità nel tempo, anche per i cambiamenti micro e macro avvenuti nel tessuto sociale e culturale della nostra realtà occidentale e i cambiamenti si sono imposti sia nell’organizzazione che nelle relazioni familiari. Ne è seguita una situazione di indefinitezza, incertezza e perdita di criteri e di riferimenti forti riguardo al ruolo di padri e di madri, tant’è che quando le donne sono decise e determinate vengono giudicate poco materne, mentre i padri accudenti vengono ritenuti poco autorevoli.
Ma è la paternità che negli ultimi tempi ha conosciuto più cambiamenti. In primis l’accesso alla paternità è vincolato solo dal consenso femminile anche perché oggi le donne hanno maggior possibilità di decidere se, quando e con chi diventare madri.Ma un aspetto -oltre a quello dell’accertamento genetico – ha assunto importanza: la relazione di cura tra genitore e figlio. I figli di una madre casalinga spesso hanno meno cure paterne dei figli di una madre lavoratrice poiché non ricevono meno cure materne bensì ne guadagnano di quelle paterne.
Una ricerca sul lavoro in Europa ha approfondito la situazione degli uomini con un figlio sotto i sei anni di età ed ha constatato che: i padri continuano a dare priorità al lavoro remunerato, riservando ai figli il loro tempo libero mentre le madri riducono sia il lavoro che il tempo libero a favore della prole. La cura dei figli è ancora vista come una responsabilità materna mentre l’assenza paterna non è vista come un danno per il benessere psicofisico dei bimbi.
Tutto ciò ha portato a rafforzare – in caso di separazione della coppia genitoriale – l’affido condiviso ma anche a contrastare l’abbandono delle responsabilità paterne, una volta siglata la rottura coniugale. I padri che hanno sviluppato un attaccamento profondo, competenze relazionali e pratiche di cura, continueranno anche con piacere, ad occuparsi dei loro figli.
L’affermazione dei padri accudenti è sicuramente un fenomeno da incoraggiare e sostenere senza ombra di dubbio.
Oltre a stabilire una pari opportunità tra padre e madre, occorre rilevare che i bambini che hanno avuto entrambi i genitori accudenti non sono più infantili e dipendenti dalle cure, rispetto ad altri. Al contrario sono più autonomi e i giovani lasciano prima le famiglie d’origine e diventano indipendenti; e nemmeno emergono maggiori problemi di identità sessuale.
Un padre, come del resto una madre, accudente non è necessariamente debole, permissivo e con poco responsabilità, come se la cura danneggiasse l’autorevolezza. Su questa idea, distorta,molti padri hanno delegato alle madri l’attenzione alla prole per poi dispiacersi della mancanza di confidenza e intimità con il figlio.
Questa diffusione di un nuovo stile paterno più accudente, equivale ad un cambiamento antropologico rilevante e quasi simmetrico a quello che capitò durante la rivoluzione socio-familiare dell’Ottocento, quando fu assegnato alle madri oltre al compito riproduttivo, quello di accudimento continuo e affettivo dei figli relegando i padri al ruolo di procacciatori di reddito.
Anche oggi, è convalidato da più parti che il valore della cura e del legame affettivo sono gli ingredienti fondamentali nel rapporto genitore-figlio e nella formazione della personalità.